A garanzia del controllo dei mari e a sicurezza dei lucrosi traffici con l’oriente, sempre minacciati dai pirati dalmati, dalla concorrenza genovese e dal perenne pericolo dei Saraceni.
A partire dalla fine del XVII° secolo, questi impegni militari vanno esaurendosi e i conti Brandolini possono dedicare tempo, attenzioni e capitali alla cura e allo sviluppo delle loro proprietà terriere, allo sfruttamento delle risorse del patrimonio agricolo, nonché alla riaffermazione dei loro diritti e privilegi feudali (emblematica figura di questa fase di passaggio è il Conte Guido VIII°, oculato imprenditore e amministratore del territorio della Valmareno).
In questo ampio ambito di attività e interessi, rientrano le varie culture agricole (della vite, dei cereali e dei vari prodotti ortofrutticoli), ma anche l’allevamento dei bovini, ovini, suini e animali da cortile (e le risorse derivanti: latte e latticini, lana, salumi e carni…), la bachicoltura con la produzione della seta, la valorizzazione dell’energia idrica per azionare mulini, magli, folli, segherie… indispensabili alle attività artigianali, lo sfruttamento dei boschi e del legname sia per riscaldamento che a scopo edificatorio…e parallelamente allo sviluppo di queste risorse, la gestione di tutte le entrate derivanti da tasse, gabelle, dazi e concessioni (sulla caccia, sulla pesca, sulla vendita del vino ecc..).
È sufficiente solo qualche numero per renderci conto dell’entità e della consistenza di questo notevole giro d’affari: nella prima metà dell’Ottocento il Conte Girolamo B., nella contea della Valmareno, era proprietario a vario titolo di 667 ettari di terreno; nel solo territorio di Cison era in mano ai Brandolini oltre il 20% della terra.